Sulla strada dei pellegrini di Leuca Piccola

La frazione di Barbararano del Capo, le cui origini risalgono alla distruzione della città di Vereto da parte dei saraceni nel IX secolo, si caratterizza per la presenza delle “vore carsiche” e per il Santuario di Santa Maria di Leuca del Belvedere. Il santuario fu costruito tra il 1685 e il 1709 dal barone Annibale Francesco Capece. Il complesso architettonico è situato lungo il tragitto che i pellegrini percorrevano per giungere al Santuario De Finibus Terrae di Santa Maria di Leuca. Conosciuto anche con il nome di Leuca Piccola, venne concepito come luogo di preghiera e di ristoro in quanto era dotato non solo di ambienti religiosi ma anche di locali destinati al riposo e al ristoro dei pellegrini e degli animali. I pellegrini che vi giungevano riposavano durante la notte nei sotterranei, appositamente scavati, per poi ripartire alla volta di Leuca alle prime luci dell’alba.

La chiesa è un importante esempio di architettura rinascimentale ed è preceduta da un pronao a grandi arcate addossato alla facciata. L’interno è arricchito da affreschi sei-settecenteschi raffiguranti San Lazzaro, Santa Lucia, Sant’Oronzo, Santa Barbara, Santa Marina, San Francesco da Paola,San Pasquale Baylon, San Gennaro e San Leonardo. Pregevole è la volta affrescata con le figure dei quattro evangelisti uniti dalla sigla JHS scolpita sulla chiave di volta. Attorno all’edificio sacro sono presenti le mangiatoie, i resti del frantoio del vino, il grande arco che introduceva nel campo dove si teneva la fiera, le rimesse per il ricovero dei cavalli e i ruderi della locanda sul cui prospetto una lastra di pietra recava incise le 10P col significato: “parole poco pensate portano pena perciò prima pensare poi parlare”. L’attuale lastra riposizionata nel 1999 sostituisce l’originaria rubata.

Proseguendo il nostro percorso troviamo Patù, Piccolo comune con diversi monumenti d’interesse. La Chiesa di San Giovanni Battista che rispecchia lo stile romanico-bizantino. L’interno è a tre navate divise da pilastri, con il tetto a spioventi. Sul frontone troneggia una bifora, mentre sull’abside vi è un rosone. Questo monumento, edificato tra il X e l’XI secolo con lastroni provenienti da edifici dell’antica città di Vereto, custodisce nel suo interno alcune testimonianze monumentali e calcaree di questa città.

L’episodio immortalato della costruzione di tale chiesa, per unanime consenso, si riferisce alla terribile battaglia combattuta tra cristiani e saraceni il 24 giugno dell’877 d.C. alla periferia di Patù, nella vasta piana denominata ancora oggi Campo Re ai piedi di Vereto. L’edificio è stato più volte restaurato nel corso dei secoli. Bisogna riconoscere nella chiesa almeno tre fasi; alla prima fase appartengono oltre che l’impianto essenziale, la bifora e l’arco a tutto sesto della facciata principale. La copertura attuale fu realizzata nel primo decennio del Novecento. Degli antichi affreschi rimane un San Giovanni Battista. Ha svolto anche la funzione di cimitero comunale.

La cripta di Sant’Elia, anticamente nota come cripta dei Verginelli, risale ai secoli VIII-IX e venne realizzata dai monaci basiliani. Posizionata fuori dal centro abitato, nel recinto di pertinenza di un calzaturificio dismesso, la cripta si presenta con un ingresso costituito da un varco scavato nella roccia. Mediante tre scalini si accede nell’ipogeo a pianta quadrilatera irregolare sulla cui parete nord-orientale è stato ricavato l’altare. Tra le deboli tracce di affreschi ancora visibili si distingue una figura di un santo benedicente che regge nella mano sinistra un libro con scritte greche e, in prossimità dell’architrave, una figura velata e circondata di angeli che potrebbe raffigurare la Vergine Maria.

Vereto,un’antica città messapica situata a poca distanza dal centro abitato. Situata sull’omonima collina, fu un importante centro per il commercio, sia con la Grecia che con la Magna Grecia. A tale proposito, i cittadini di Vereto costruirono un porto nella vicina baia di San Gregorio i cui resti possono essere visibili sul fondo del mare. Divenne municipio romano e poi fu rasa al suolo nel IX secolo ad opera dei Saraceni. Di tale centro rimangono alcune testimonianze monumentali come le fondamenta delle mura che cingevano la città, diverse sepolture, ecc..

Tutti gli studiosi concordano che il sito occupato attualmente dalla chiesetta della Madonna di Vereto, fosse il centro, l’acropoli, sia della Vereto messapica, che quello della Vereto romana e medievale.

Centopietre , un antico monumento funerario dichiarato Monumento nazionale di seconda classe nel 1873. Databile al IX secolo, venne edificato come mausoleo sepolcrale del cavaliere Geminiano, messaggero di pace trucidato dai saraceni subito prima della battaglia finale tra cristiani e islamici del 24 giugno 877.
La struttura, di forma rettangolare, è costruita con 100 blocchi di roccia calcarea provenienti dalla città messapica di Vereto. All’interno presenta diversi strati sovrapposti di affreschi a soggetto sacro risalenti al XIV secolo

In seguito troviamo Morciano,Comune della fraz. Di Barbarano e della Marina di Torre Vado. I suoi monumenti più importanti sono:
La Chiesa Madre, dedicata a San Giovanni Elemosiniere, risale al XVI secolo e fu edificata su una preesistente struttura del tardo Medioevo. L’esterno presenta uno stile romanico con aggiunte barocche riscontrabili principalmente nel portale d’ingresso, ultimato nel 1576, e nel campanile del1775. L’interno è a tre navate divise da pilastri; gli ultimi due sorreggono l’arco trionfale che separa l’area presbiterale dalla navata centrale. Le navate laterali ospitano pregevoli altari barocchi in pietra leccese sormontati da tele seicentesche e da statue. Interessante, dal punto di vista artistico, è il catino absidale nel quale i recenti restauri hanno riportato alla luce le originarie decorazioni cinquecentesche e gli affreschi raffiguranti la Vergine col Bambino e San Michele Arcangelo.
Nell’area prospiciente l’edificio sacro sono state individuate numerose tombe, risalenti ai secoli XIII-XIV, La Chiesa del Carmine, conosciuta anche come chiesa del Rosario per essere la sede dell’omonima Confraternita, fu edificata intorno al 1486 come riscontrabile nell’epigrafe posta sul lato nord dell’edificio. Voluta dal feudatario Ruggero Sambiasi, nel1507 venne affiancata dal convento dei Carmelitani ingenuamente abbattuto nel1967. La chiesa subì un radicale intervento di restauro nel 1597.

Presenta un prospetto barocco diviso in due ordini da una cornice e terminante con un frontone curvilineo. Il primo ordine, scandito da lesene con capitelli corinzi, accoglie il portale d’accesso elegantemente sormontato da un fregio raffigurante l’Annunciazione. Nel secondo ordine si apre, in asse col portale, un ampio finestrone. L’interno è a navata unica scandita da arcate ospitanti altari barocchi con relative tele seicentesche. La chiesa conserva un antico organo e statue in legno e in cartapesta di varie epoche, appartenenti molto probabilmente ad un’unica necropoli.

La Cappella della Madonna di Costantinopoli risale alla seconda metà del XVI secolo e appartiene alla serie di edifici edificati in seguito alla Battaglia di Lepanto la cui vittoria fu attribuita alla Vergine. Presenta un semplice prospetto rettangolare, con portale e finestra centrali, sormontato da un campanile a vela. L’interno è costituito da un piccolo vano e custodisce un monolite rinvenuto a seguito di un intervento conservativo effettuato negli ultimi anni del Novecento. Sul monolite è raffigurata una cinquecentesca Madonna col Bambino a sua volta realizzata su un affresco databile al X secolo.

Numerosi sono i frantoi ipogei sparsi su tutto il territorio di Morciano di Leuca. Nel solo centro storico se ne contano diciotto e testimoniano la rilevante economia olearia di cui il paese viveva in passato. Alcuni di essi possono essere datati al IX secolo e molti furono ricavati mediante la semplice rottura dei granai di epoca messapica. Gran parte dei granai sono stati così distrutti ma alcuni sono ancora intatti e conservano la lastra originaria di chiusura.

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